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      La prestanza di questo danaio aveva in sè molte diffìcultà. Prima, la camera del comune per le lunghe spese era vuota di danari: i patrimonj de' cittadini per le intollerabili gravezze erano consumati. A questo era aggiunto, che Perugini, Bolognesi e Lucchesi, i quali erano più lontani da' nimici, non volevano concorrere a sopportare questa gravezza. E così tutta questa provvisione di danari ritornava in sulle spalle de' Fiorentini. E benchè si cercasse avergli dal re in prestanza, nientedimeno, negandolo lui e mostrandosi duro, si venne per questa cagione a indugiare la venuta delle genti, le quali avendo ricevuto parte del danaio, aspettavano il resto. Ma andando la cosa per la lunga, e crescendo ogni dì il terrore del nimico, giudicarono che in tanti e sì estremi mali, non vi fusse più salutifero rimedio che concedere al re pieno arbitrio del governo e reggimento della città. Fecesi adunque uno decreto pubblico, che i priori avessero autorità di fare quello ch'egli stimassero dovere essere il bene della repubblica: i quali priori, avuto che ebbero consiglio de' cittadini, dettero al re il governo e il dominio della terra per cinque anni colle parole che appresso diremo: "Noi, vedendo i gravi pericoli della guerra che sono al presente e per lo avvenire si dimostrano, acciocchè il popolo fiorentino, la città e il contado si riduca a salvamento, avuta solenne deliberazione, eleggiamo per anni cinque Ruberto re di Cicilia per rettore, governatore, protettore e signore della città e del popolo di Firenze colle infrascritte condizioni: che il re presenzialmente o per uno de' fratelli o de' figliuoli governi la città; non restituisca alcuno degli usciti; permetta al popolo usare le sue leggi; il magistrato de' priori, com' egli è al presente, così lasci essere per l'avvenire nella repubblica.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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