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      Ma i suoi, stracchi per la zuffa della notte, crescendo l'empito degli avversarj, e i freschi scambiando gli affaticati, non poterono più sostenere nè conservare quel luogo: e pertanto, passando sopra alle munizioni e impedimenti, fecero grande occisione. Castruccio, combattendo alle strette ed essendo ferito nel volto, se ne fuggì. Molti furono morti di quegli che v'erano entrati con lui; i più ne furono presi, e gli altri, messi in fuga, se ne uscirono del castello a salvamento. Queste cose furono fatte in quell'anno dentro e di fuori.
     
      Nel principio del seguente anno, non si fece alcuna cosa prima che si mandò le genti a' Perugini che s'erano promesse nella lega, acciocchè facessero guerra agli Aretini. Fu fatto commissario e capitano di queste genti messere Amerigo Donati cavaliere fiorentino e figliuolo di messer Corso. Mandarono ancora i loro aiuti i Sanesi, Bolognesi e l'altre città collegate. Quella guerra si fece a Città di Castello e intorno a' luoghi circostanti: ma i Fiorentini e gli Aretini quasi di tacito consentimento si stettero queti, senza molestare il contado l'uno dell'altro. E così per nome de' Perugini piuttosto che altrimenti contro agli Aretini si faceva la guerra: solamente gli aiuti per favorire quella impresa furono mandati da' Fiorentini.
     
      In questo medesimo tempo la città ebbe grande sospetto, che i Pistolesi non si ribellassero a Castruccio. Era in Pistoia uno Filippo Tedici cittadino di grande potenza, il quale appetiva il dominio della terra; e per questa cagione, aveva indotto con molte ingiurie un luogotenente pel re Ruberto e stimolato a partirsi della città. E di poi prestamente essendo richiamato da' cittadini, e tornando inverso Pistoia, ordinò che da una privata compagnia di ladroni fosse spogliato e battuto, stimando per queste cose fatte al governatore, che il re diventerebbe inimico e verrebbe in grande sospetto alla città, e che i cittadini avrebbero cagione in tutto di volgersi a lui e a' suoi.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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