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      Il fermarsi e fare resistenza metteva loro timore per le genti d'Azzo che sopravennero di nuovo, le quali aggiunte al nimico, pareva loro, che gli dovesse mettere in disperazione. Trovandosi in queste difficoltà, presero quel partito che pareva loro più onorevole, e vôlte contro al nimico le bandiere, che era unico rimedio della loro salute, soprasederono dal cammino. I primi riscontri si cominciarono leggeri, perocchè i capitani si mettevano a ordine, come coloro che avevano a combattere con tutte le loro genti. E nientedimeno Castruccio non abbandonava interamente il colle, ma quasi minacciando e come uomo che prestamente dovesse venire alle mani, menava la cosa per la lunga. In questo mezzo sopravenne Azzo colle genti d'arme a cavallo, e unito con Castruccio, senza alcuno indugio appiccarono la zuffa. I Fiorentini, benchè la venuta delle nuove genti turbasse gli animi loro, nientedimeno ordinarono lo esercito, e secondo che pativa il tempo, s'apparecchiarono alla battaglia. Fecero tre schiere di tutte le genti: e come vennero alle mani, nel primo riscontro quelli che erano nella fronte vigorosamente combatterono; ma poi che la zuffa si ridusse alla seconda schiera, il condottiere di Ramondo che gli guidava, o per viltà, o per inganno, che l'una cosa e l'altra si disse di lui, cominciò a ritrarsi e voltare indietro le bandiere. Questa cosa non solamente alla sua schiera che guidava, ma ancora alla terza che era posta per retroguardo, dette spavento in modo, che piuttosto pensavano della fuga che della vittoria, e così seguendo i nimici con grande sforzo il fatto d'arme, finalmente ruppero tutto il campo de' Fiorentini.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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