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      E la cagione dello assedio fu questa. Il sommo pontefice romano, mosso per il conquisto di Città di Castello fatto dal vescovo e dagli Aretini, poco innanzi contro a loro aveva usato minacce e censure, finalmente aveva separato Cortona terra antica dal vescovo degli Aretini, e avevale dato un proprio vescovo, cioè Rinieri di Biordo di nobile famiglia. E parendo, che questo tale avesse procurato la separazione di quella terra in diminuzione della loro città, venne tanto sdegno agli Aretini, che disfecero le case degli Ubertini, donde era costui, e andarono colle genti alle castella che si tenevano per loro. Parendo adunque, che gli uomini di Laterina per la vicinità inclinassero al favore di questa famiglia, e ancora vi fosse altre cagioni di sdegno, v'andò il vescovo a campo con grande moltitudine d'Aretini, e finalmente presero il castello e disfecionlo insino a' fondamenti.
     
      Di poi condusse il campo a Sabino, non per alcuna ingiuria di Cortona, ma solo per rispetto della parzialità; e in ultimo lo prese e disfece interamente.
     
      In quello medesimo anno, quasi all'estremo dell'autunno, Castruccio, per il mezzo degli amici e congiunti de' prigioni che aveva nelle mani, cominciò a praticare la pace co' Fiorentini. E facendo forza i parenti di tirare innanzi questa cosa, nacque sospetto, che sotto spezie di pace non si cercasse qualche inganno. E pertanto si pose silenzio a questa pratica, e provvidesi per la salutifera deliberazione della città, che a nessuno congiunto o consorto d'alcuno prigione si desse la guardia di fortezza o di castello.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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