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      E posero gente in due luoghi, cioè a Combiate e a Montebuoni, acciocchè il nimico non potesse apertamente nè a suo modo scorrere, nè passare il Mugello, come aveva tentato prima, nè per il fiume della Grieve. Crebbero ancora di nuovo le gabelle e le loro entrate, e similmente ordinarono nuova gente al bisogno della guerra. Oltre alle predette cose, benchè si trovassero in queste difficoltà, nientedimeno, per non essere vinti di beneficio, mandarono dugento cavalli a' Bolognesi, i quali erano oppressati da una grave e pericolosa guerra: e così, posto da canto la paura, provvedevano alle cose con maggiore animo che prima.
     
      In questo mezzo il nimico, ricondotte le genti in quello di Prato, deliberò di porre il campo al castello di Montemurlo; e per conquistare quel luogo, poi che vi fu accampato, cominciò a combatterlo con bombarde e cave e con ogni spezie d'artificio atto a espugnare le terre. Erano dentro alla guardia centocinquanta soldati e due commissarj fiorentini di nobile stirpe, Giovanni Adimari e Rinieri de' Pazzi: i quali si governarono con tanto provvedimento e grandezza d'animo, che lungo tempo fecero consumare invano gli sforzi de' nimici. Castruccio, avendo tentato invano la espugnazione più volte, e andando la cosa per la lunga, afforzò alcune bastie intorno al castello e fornille di buona guardia. Di poi seguì di fare cave che riuscissero nella fortezza: appresso, spesse volte di dì e di notte molestando quelli di dentro, non dava loro spazio al dormire o prendere alcuno riposo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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