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      Ritornò a Pisa, e avendo a ordine ogni cosa, prese il cammino lungo la marina verso Roma con grande esercito di gente a piè e a cavallo. Castruccio, avendo a ire insieme con Lodovico, lasciò alla guardia di Lucca mille cavalli, e poi con cinquecento cavalli e mille balestrieri seguitando le vestigie sue, lo raggiunse a Viterbo. Carlo, in mentre che le genti de' nimici stettero a Pisa, non si partì col suo esercito da Firenze; ma poi che egli intese Lodovico e Castruccio essere entrati in cammino, chiamò i cittadini in consiglio, e mostrò la necessità della sua partita, e apertamente disse, che lasciava alla guardia della terra Filippo condottiere con mille cavalli. Confortò appresso i cittadini a portarsi virilmente e costantemente: e di poi col resto delle genti se n'andò a Siena e di poi a Perugia, e ultimamente si condusse nel Reame. I Romani, molto innanzi intesa la venuta di Lodovico, erano in grandissima sedizione; e la parte contraria al re e al sommo pontefice v'era più potente: dalla quale in ultimo ricevuto nella città Lodovico, non molto di poi con grande concorso del popolo si coronò. Ma nella sua coronazione, non vi fu osservata alcuna consueta solennità, non vi fu alcuno legato, nè alcuna commessione o autorità del pontefice. La corona gli fu messa in nome del popolo da Sciarra Colonnese capo della parte ghibellina: e per la memoria di quello atto lui e suoi discendenti aggiunsero alla loro antica arme una corona, come se fosse stato cosa degna quello che con infamia s'era trovato a fare.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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