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      E pertanto gli uomini savj vogliono che noi siamo obbligati alla colpa e non alla riuscita delle cose, perocchè quella è nelle mani nostre, e quest'altra è sottoposta alla umana varietà. Ma io veggo, che due cose massimamente s'allegano contro alla sentenza mia. Sono alcuni, che parendo loro che noi abbiamo assai, confortano a mantenere il nostro territorio, e guardarsi da spese e da imprese nuove. Alcuni altri, riprendendo lo acquisto di quella terra, stimano che senza alcuna spesa finalmente ella abbia a venire nelle mani nostre. Questi secondi mi pare che voglino indovinare; i primi giudichino con grande errore: perocchè dicono che si conservi solamente quello che noi abbiamo, come se questo acquisto non fosse per la conservazione delle cose che si posseggono, o come se le guerre che da questo luogo ci sono state fatte non abbiano messo in pericolo tutto quello che noi tegnamo. Certamente e' non sono col medesimo animo ne' fatti del loro proprio patrimonio e della repubblica, perocchè cercano continuamente d'accrescere il patrimonio, e dì e notte per questo s'affaticano, e da altra parte vogliono che sia proibito alla città. Il popolo romano, nostro antico padre, non avrebbe mai acquistato lo imperio del mondo, se e' fosse stato contento alle cose sue, e avesse ricusato le spese e imprese nuove. E certamente e' non è uno medesimo fine nelle cose pubbliche e nelle private: perocchè pubblicamente si richiede la magnificenza, che consiste nella grandezza e nella gloria; nelle private la modestia e la temperanza.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852