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      Pubblicando lui apertamente queste cose, gli fu prestato fede, e molto più, perchè quello che diceva pareva che consonasse al vero. E pertanto fu lasciata la cura a lui di tal cosa, della quale stava a aspetto la città di Firenze. Questa pratica andando alquanto per la lunga, quel fratello de' Rossi che teneva Lucca la dette a Mastino, e lui la fornì di sua gente. I Fiorentini, mandato prestamente loro ambasciadori, gli domandarono Lucca secondo la promessa. Il tiranno dapprima con benigne parole disse, che non fusse loro molesto soprastare alquanto insino che si componesse con quegli fratelli de' Rossi. Di poi, passato il termine e facendo istanza gli ambasciadori, cominciò a trovare altre difficoltà, e allegare che a quegli fratelli bisognava rifare il danajo che eglino avevano avere dal re, e oltre a questo altre spese fatte da loro: per tutte queste cose essere di bisogno di una somma di trecento sessanta migliaja di fiorini d'oro. Nella quale pratica, benchè il popolo fiorentino conoscesse la malignità del tiranno, nientedimeno, per desiderio d'avere Lucca, s'accordarono di dare questa somma. Il perchè è da maravigliarsi della mente di questo popolo troppo inclinata ora nell'una e ora nell'altra parte, perocchè, offerendo i Tedeschi, e quasi pregando, ricusarono di dare una piccola quantità di pecunia per Lucca; per quella medesima poco di poi s'ingegnavano di dare a chi quasi gli rifiutava una somma intollerabile. E quella quantità ancora che eglino avevano fatto di patto, il tiranno non la osservava, ma trovando nuove scuse, con fraude e con inganno teneva sotto vana speranza il desiderio degli oratori, confidandosi, mediante Lucca, di potere signoreggiare le città di Toscana.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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