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      Mastino, avendo spento il fuoco da casa, e parendogli che il tempo gli succedesse prospero, passò colle genti in quello di Padova, e pose il campo in sul fiume tre miglia presso a Bogolenta, con proposito d'impedire la vittuvaglia, e tenere che Marsilio non potesse tornare in campo colle genti, donde s'era partito. Il perchè la cosa si veniva a riducere in grande estremo, perocchè tentare la zuffa con sì poche genti o stare in quel luogo senza vittuvaglia, ognuno di questi era partito da disperati. Ma lo ingegno che facilmente non si vince, ripara a molte cose difficili. Il capitano della lega Piero de' Rossi avendo posto mente, che le genti di Mastino usavano abbeverare al medesimo fiume, e d'altro luogo non potevano avere l'acqua, ordinò di giugnere Mastino colle sue medesime arti. È un'erba in quegli luoghi d'amarissimo sugo, la quale i soldati per comandamento del capitano ragunata in quantità e portata in sulla ripa del fiume, la pestavano e gittavano nell'acqua. Questa, andando alla seconda, si conduceva al campo de' nimici, e guastava l'acqua del fiume con sì amaro sapore, che nè gli uomini nè i cavalli ne potevano usare. Per la quale difficoltà, all'ultimo il nimico non potendo più sostenere, fu costretto levarsi dalla impresa.
     
      Dopo queste cose, il capitano de' Rossi, unito col fratello, andò col campo a Padova, dove si trovava Alberto fratello di Mastino, maggiore di tempo, ma non di pari autorità. Questo tale i Padovani avevano a odio; ma il timore gli teneva quieti.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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