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      I Fiorentini adunque si posero col campo fra l'uno e l'altro ponte in uno luogo eletto, con animo di passare a guado l'altro dì colle genti in battaglia. Questo partito ancora pareva più facile, perchè il fiume in quello luogo diviso in due parti fa isola e non va intero per un letto, ma correndo spartito, viene a essere più basso. Con questa speranza, aspettavano il giorno, e mettevano in punto le some e la vittuvaglia che dovevano portare nella città. Ma quella notte venne sì grande e assai piova, che fece crescere il fiume in modo, che non si poteva passare a guado: e pertanto, ritenuti quattro dì in questi luoghi, dettero spazio a' nimici nella ripa di là incontro a loro d'afforzarsi. Venendo adunque poi il tempo buono, e scemando il fiume, fecero forza di volere passare, e furono impediti dalle munizioni fatte da' nimici, e dalla moltitudine che vi corse a fare loro resistenza: il perchè, perduta la speranza del potere passare, furono costretti a levarsi, e andarono nel contado di Pisa e corsero il paese, guastando e predando ogni cosa. I Pisani per questo non si mossero niente, ma stettero fermi nella ossidione, confidandosi certamente d'avere la città.
     
      In mentre che queste cose si facevano in quello di Pisa, gli usciti d'Arezzo, ragunata una grande moltitudine di gente, una mattina innanzi dì si rappresentarono alla terra, e trovando certo luogo abbandonato dalle guardie, dove il fiume esce fuori delle mura, subitamente entrarono dentro. Furono circa tremila uomini, i quali incominciarono a correre la terra.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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