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      E pertanto in questa difficoltà de' tempi e discordie de' cittadini sollevato per il favore della nobilità e opinione delle virtù, come uomo atto a salvare le cose, fu preposto alla terra con pubblica autorità, e fugli commessa la cura della guerra. Lui adunque vedendosi avere il governo e la balía delle cose di dentro e di quelle di fuori nella guerra, cominciò a volgere molte cose nella mente, e a pensare come egli potesse avere interamente il dominio della città: perocchè, essendo francese e avvezzo a' costumi di Francia, dove la plebe è avuta e reputata in luogo di servi, sprezzava i nomi dell'arti e degli artefici, e parevagli cosa ridicola, che la città si reggessi secondo lo arbitrio della moltitudine. La discordia de' cittadini e le menti piene d'odio gli accrescevan l'animo. Principalmente la nobilità sottoposta a dure leggi e malcontenta degli ordinamenti fatti, stimava averla tutta seco, perocchè quella parte della città che è oppressa sempre è usata appetire cose nuove. Appresso, i poveri e li artigiani e tutta la moltitudine minuta della terra stimava facilmente tirarla a sè, perchè egli intendeva che questa generazione di gente non si curava della dignità nè della libertà. Restava il popolo di mezzo, dove era tutta la sua difficultà. Parendogli adunque di volgersi contro a questi di mezzo, fece pigliare quegli che nella prossima guerra di Lucca s'erano impacciati, e che si trovavano nella fresca disgrazia. E infra gli altri fece tagliare la testa a messer Giovanni de' Medici cavaliere fiorentino; e appresso, avendo condannato alla medesima morte Naldo Rucellai e Ricciardo de' Ricci, che erano stati ancora loro commessari a Lucca, per molti prieghi de' cittadini salvò loro la vita: e nientedimeno li condannò in grande somma di pecunia.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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