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      Nel favore dei cittadini variò in modo, che ora pareva che volesse mettere innanzi la nobilità, ora il popolo, e spesse volte, lasciato indietro tutti e due, inclinò più all'infima plebe: e certamente concedette più cose alla moltitudine che a alcuna altra parte della città. L'entrate pubbliche con grande cupidità volse a sè medesimo: e per questa cagione, accrebbe i passaggi, e ordinò nuove gabelle, e pose molti dazj; e gli assegnamenti fatti dal popolo gli stimò per vani. Gli statichi dati a Mastino per sodamento del danajo che s'aveva a pagare, gli lasciò stare senza farne conto, con grandissime querele de' parenti e con somma ignominia della città. A pigliare e tenere conto dell'entrate, non si fidando de' cittadini, deputò forestieri. Di poi fece impresa di fare la fortezza, e aggiunse al palazzo le mura, e fece torri e pile al proposito del suo edificio, e afforzò il palazzo e fece ferrare le finestre. Accrebbe la piazza, e le porte della terra afforzò con torri e altri edificj, e a ciascuna delle porte principali fece gli antiporti con le porte piccole per commodità del popolo. Le querimonie de' cittadini sì molestamente usò di ricevere, che spesse volte quegli che le portavano, senza ricercare diligentemente la cosa, gli puniva della medesima pena che meritava chi fosse stato in colpa. Alcuna volta per una cosa mal detta si volgeva alla crudelità, come accadde a uno cittadino che era uscito poco innanzi del priorato, al quale, dolendosi modestamente della repubblica, fece trarre la lingua.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Mastino