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      In mentre che queste cose si facevano a Firenze, gli Aretini, inteso il tiranno essere ossidiato, si levarono ancora loro, e presero l'arme. Erano in Arezzo tre fortezze: una alla porta fiorentina, due nella sommità della terra: delle quali tre al primo émpito ne presero due. Restava la terza che era fortissima: la quale facendo forza d'averla, sopravenne Saccone, che era stato tiranno in Arezzo, con grande moltitudine, e fermossi fuori della città riscontro alla fortezza. I cittadini ebbero grande sospetto, che ella non fusse data a Saccone: e per questo lasciarono il combattere, e tentarono la cosa per mezzo dei colloquj. Era alla guardia della fortezza Guelfo Buondelmonti: il quale, essendo ossidiate dentro da' cittadini e di fuori da Saccone, e per la distruzione del tiranno in cui nome teneva la fortezza avendo perduto ogni speranza, chiamò i cittadini a parlamento, e disse loro: "Io so, o Aretini, che fa poco a me lasciare la fortezza o a voi, o a Saccone. Ma due sono quelle cose che mi fanno inclinare piuttosto a voi. La prima, perchè la nostra famiglia è sempre stata di parte guelfa: nella qual cosa voi siete d'accordo meco, e Saccone differente: l'altra, che io reputo dovere essere più lodato dagli uomini, se parrà che piuttosto alla libertà vostra che alla tirannide di Saccone io abbia inclinato."
      E così dette la fortezza a' cittadini.
     
      E quasi nel medesimo modo i Pistolesi e Volterrani, che erano stati nella podestà del tiranno, per sua ruina recuperarono la libertà.
     
     
     
     
      LIBRO SETTIMO


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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