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      Questa cagione s'allegava, e in qualche parte era da stimarla.
     
      Ma la invidia e la consueta malattia era ritornata nella terra insieme con la libertà: il perchè ogni cosa si governava con odio e con contesa. E pertanto, cominciò da prima a nascere uno mormorio fra i popolani; di poi spontaneamente fu dilatato fra la moltitudine, e detto, che poco si poteva rallegrare della cacciata del tiranno, se molti per uno ne avevano a sopportare, se già non stimassi, che nel magistrato quegli uomini si dovessero temperare, la baldanza de' quali avevano conosciuta nella vita privata, e fatte tante leggi e tanti rimedj, per raffrenare la violenza loro. Divulgandosi questi parlari, la moltitudine faceva segno di sollevarsi, usando parole non solamente libere ma sfrenate, e detestando questa compagnia come perniziosa alla repubblica.
     
      Per le quali cose finalmente il vescovo (perchè lui era nato di nobilissima e ornatissima casa, la quale nientedimeno aveva seguito nella repubblica le parti popolane) chiamò i compagni per correggere questa cosa, e cominciò a trattare con loro, che, veduta la volontà del popolo che riprovava questa compagnia, piuttosto vi volessero porre per loro medesimi rimedio, che provare la forza della moltitudine. Se spontaneamente si rimettessero a discrezione, sarebbero atti a conservarsi e ritenere molte cose; ma se pertinacemente volessero fare resistenza, considerata la natura della moltitudine, sarebbero cagione di perdere il tutto.
     
      Ricordando il vescovo e confortando invano queste cose, i capi della nobilità non le vollero accettare: e non solamente la cosa in sè, ma ancora la esortazione era loro molesta.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852