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      Perocchè dicevano che la moltitudine si moveva a questo, incitata da lui uomo inquieto, il quale era stato in intima grazia del tiranno, e di poi l'aveva condotto alla sua distruzione; ora similmente cercava d'affliggere e mettere in contesa i cittadini, perchè questa arte gli era grata di sollevare alcuni, come accade nelle contese puerili, e quegli medesimi poi deprimere. Ma certamente, quanto s'aspettava loro, come hanno difeso la libertà della patria, così difenderanno la loro propria, e vorranno vedere chi saranno coloro i quali gli vogliono privare degli onori, essendo non solamente innocenti, ma ancora avendo bene meritato della repubblica. E' sarebbe cosa assurda, che agli uomini venuti da Simifonte e da Fighine, già nimici del popolo fiorentino, fussero conceduti gli onori nella città, e a noi antichi e veri cittadini che gli abbiamo vinti, fussero negati. I forestieri adunque e quegli che sono stati sottomessi comanderanno; e noi cittadini e vincitori di quegli ubbidiremo nella propria patria a coloro che noi abbiamo vinti? E chi potrà tanta iniquità e repugnanza di cose non solamente sopportare, ma ancora udirle?
     
      Il vescovo virilmente rispondendo a queste cose, e loro da altra parte contradicendo, ne nacque tanta altercazione, che i vicini si cominciarono a muovere, e prestamente n'andò il romore per la città. La moltitudine si levò correndo al pubblico palazzo, colla forza e coll'arme ne trasse i nobili che erano nel magistrato, e privati dello ufficio, li rimandò alle proprie case.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Simifonte Fighine