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      Ma al ponte a Rubaconte fu la zuffa maggiore che a nessuno altro, perocchè in quello luogo v'era la nobilità molto potente, e aveva il sito in suo favore, perchè da una parte il fiume, dall'altra il ponte faceva forti le case loro. Eravi solo una via per la quale bisognava andare a trovargli, la quale loro con molti ostacoli che avevano attraversati e colle proprie case difendevano. In questo luogo adunque si fermò alquanto l'émpito del popolo, e non potette prima passare, che una parte di loro sotto le bandiere mandate per uno lungo circuito si scoperse dal monte di sopra. Allora furono dissipate le forze di quelle famiglie, e mancando la guardia del ponte, facilmente vi si passò. Le case loro per la grande resistenza che avevano fatto furono messe a sacco dalla infima moltitudine; molte ancora ne furono arse: e nientedimeno agli uomini, poi che si rimessero nelle mani del popolo, umanamente fu perdonato, perocchè nè per odio nè per maleficio si combatteva, ma della potenza, della autorità, del precedere nella repubblica era ogni loro contesa.
     
      Il popolo, avendo superata la nobilità, e ridotta in suo arbitrio senza alcuno dubbio la repubblica, deliberò a suo piacimento stabilire lo stato della città. E pertanto, restituì gli ordinamenti della giustizia nel modo antico, e rinnovò le compagnie del popolo, mutando solamente il numero per la nuova divisione della terra, che in ogni quartiere ne fusse quattro: e allora venivano a essere sedici compagnie, che prima erano state venti, di poi diciannove.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Rubaconte