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      Il contado ancora rimase quasi tutto diserto e abbandonato. Per questa calamità non fu fatta dalla repubblica cosa alcuna degna di memoria. Solamente furono mandate certe genti contro a' malfattori che rompevano la strada in sul giogo dello Appennino.
     
      L'altro anno ancora, essendo sbigottita la città per la pestilenza grande, non si fece alcuna cosa da farne menzione. Solamente i Colligiani e Sangimignanesi, per le divisioni che avevano nelle terre loro, tornarono nella podestà del popolo fiorentino. E oltre a questo furono prese certe castella degli Ubaldini intorno allo Appennino, le quali erano ricetto di latrocinj.
     
      Il seguente anno, che fu il mille trecentocinquanta, cominciarono le contese, che seguirono di poi molto grandi alla città, con messer Giovanni Visconti arcivescovo di Milano il quale, avendo ricevuto il dominio da' suoi, era molto potente in Lombardia, e alla signoria de' suoi passati aveva lui ancora fatto grande aggiunta. Il perchè, era potentissimo più che alcuno altro tiranno in quelle parti; e essendo innanzi assai temuto, allora crebbe molto il sospetto lo acquisto di Bologna, la quale avendo presa e aggiunta alla signoria di prima, si stimava che, trovandosi tante forze, e sì vicino a noi, non dovesse quietare. La città adunque non temerariamente, ma con maturo consiglio cercava come potesse rimediare a questa infermità. E' non era dubbio, che il sommo pontefice romano gravemente sopportava la perdita di Bologna: e ancora s'intendeva, che la potenza dello arcivescovo era temuta da Mastino e dagli altri tiranni suoi vicini.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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