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      Da queste esortazioni e dalla reverenza degli uomini e dalla presente necessità mossi i Pratesi, finalmente apersero le porte, e riceverono dentro la guardia de' Fiorentini.
     
      Essendo in questo modo composte le cose di Prato e levato il sospetto da quella parte, restava la città di Pistoja, la quale quanto era più ampia e maggiore, tanto pareva da governarla più cautamente. Ma presero occasione da una discordia nuovamente nata in quella città, per la quale una parte de' cittadini n'era stata cacciata. E pertanto, sotto colore di bene, i Fiorentini chiesero di mandarvi la guardia per loro sicurtà. I Pistolesi, usando le medesime arti verso di loro, accettarono la guardia e le genti, ma non tante che avessero da temerle, e quelle se le obbligarono col sacramento. Il perchè non pareva a' Fiorentini per quella via avere fatto alcuno profitto. E pure il sospetto restava nelle menti loro: dal quale mossi i priori della città, volendo per loro medesimi provvedere a questo, in fine senza deliberazione del popolo presero uno partito poco onesto, perocchè si composero cogli usciti di Pistoja, e subitamente con loro mandarono le genti. Questi tali, di notte tempo, fuori della opinione d'ogni uomo, nella prima giunta scalarono le mura, e misero alcuni dentro nella terra. E loro cominciarono a levare il romore, sperando che i soldati mandati da Firenze per la guardia dovessero favorire alla impresa: perocchè quelli priori avevano mandato innanzi uno notajo della condotta chiamato ser Pietro, il quale avendo notizia con molti di loro, significasse quello avessero a fare.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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