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      Ma ora il consiglio mi pare tanto più difficile, perchè la cosa va a rovescio e contro allo ordine della natura. E la ragione si è, che tutti gli altri sogliono consigliare innanzi: voi (sia detto con buona grazia) domandate consiglio dopo il fatto. E benchè noi dobbiamo stimare che l'animo vostro sia stato buono in qualunque modo sia riuscita la cosa, perchè ci è noto la vostra integrità e la fede sincera verso la repubblica, nientedimeno le cose grandi che s'hanno a fare, che riguardano il pericolo non d'uno privato solo, ma di tutta la città, richieggono oltre alla intenzione buona, ancora diligente e considerata deliberazione: perocchè le cose che sono di molti, non è onesto che sieno determinate da pochi, nè sicuro a coloro che le deliberano. Il popolo, quando lui medesimo non è autore delle cose sue, se non riescono bene, suole domandare la pena da coloro che le fanno. Ma certamente non si può rimediare che quello che è fatto non sia fatto. Lasciamo adunque le querimonie, e pensiamo piuttosto che rimedio si truovi a questi mali. Dico che la impresa di Pistoja non è da lasciare, non perchè io l'approvi (e se la cosa s'avesse a cominciare, non la consiglierei), ma perchè, essendo cominciata una volta, sarebbe troppo pericoloso, se i Pistolesi rimanessero in questa suspicione. Noi avremmo meno da dubitare della volontà loro, se non fossero stati provocati da noi, che oltre allo avere cerco d'occupare la città loro per fraude, ci siamo ingegnati ancora rimettere gli usciti sopra il capo di coloro che governano la repubblica.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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