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      Tutti costoro convocati insieme alla sua presenza, gli accese contro al popolo fiorentino, ricordando loro i danni che pel passato avevano ricevuti, e che egli era venuto il tempo, se volevano essere uomini, di rivalersi colla città di Firenze, e spegnere in tutto il nome della parte avversa. Il perchè, aveva deliberato, quando volessero aggiugnere ancora l'opera loro, mandare un grande esercito nel contado di Firenze a strignere la città, e che egli era necessario, quando lo esercito fussi in Toscana, che ognuno s'ingegnassi nelle terre sue a uno medesimo tempo fare qualche novità, perocchè in questo modo il popolo fiorentino circondato non potrebbe resistere. Le esortazioni di costui, perchè erano verisimili, per la grande autorità e potenza di chi le diceva, furono udite e ricevute volentieri: e quegli che v'erano presenti offersero arditamente l'opera loro, e confortarono ancora lui, che non volesse mancare a sì ferma e indubitata speranza. Composta adunque in questo modo la cosa, si partirono, e andarono a preparare tacitamente quello che era necessario alla guerra, per essere a ordine al passare delle genti. L'arcivescovo aveva fatto capitano dello esercito messer Giovanni Visconti chiamato messer Giovanni da Oleggio, e secretamente gli aveva commesso quello che avesse a fare. Lui adunque, ragunate le genti in quello di Bologna, come l'ebbe insieme, subito si mosse senza saputa d'alcuno, e venne al giogo dello Appennino, dove il contado di Bologna confina co' Pistolesi: e in quel luogo alloggiò una notte; il secondo giorno discese nel piano di Pistoja, e pose il campo non molto lontano dalla città. I Fiorentini, stupefatti di tanto repentino avvenimento, come prima udirono questa novella, non sapevano dove s'avessero a volgere o provvedere.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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