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      In ogni luogo si temeva: e come suole accadere, in sì sùbiti e gravi pericoli, si dubitava, che sotto questo non fussi qualche trattato occulto. E nientedimeno mandarono con grande celerità cinquecento cavalli e trecento fanti, i quali entrarono in Pistoja, e uniti con quegli che v'erano prima alla guardia, dettero animo agli amici alla difesa della terra: e appresso, se v'era alcuno che avessi pensiero di fare novità, colla loro presenza gli raffrenarono. Furono mandati ancora oratori a messer Giovanni da Oleggio capitano, che domandassero le cagioni della venuta sua con lo esercito nimico, e ricercassero che animo e che pensiero era il suo. A questi tali condotti nel campo, poi che ebbero esposta l'ambasciata, il capitano niente altro rispose, se non che l'arcivescovo di Milano aveva per consuetudine di sovvenire a' vicini e agli amici che fossero oppressati dalle ingiurie, e che aveva inteso per la Toscana molti essere dai Fiorentini indegnamente ingiuriati; lui adunque esser venuto per ajutargli: il perchè bisognava che ricevessero l'arcivescovo per arbitro e giudice della ragione e delle querimonie che gli erano fatte, o veramente che provassero le sue forze. Avuta questa risposta, gli oratori fiorentini, non parendo loro da disputare con parole appresso colui che non metteva loro innanzi la ragione, ma più tosto l'armi, prestamente si partirono.
     
      Aveva il nimico grande speranza di pigliare Pistoja, massimamente perchè stimava gli animi de' Pistolesi per la fresca ingiuria de' Fiorentini essere alienati e mal disposti.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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