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      Tutte queste cose ajutarono il disegno di Saccone in modo, che prima per le scale fu occupata la torre della porta, che le guardie sentissero alcuna cosa. Allora con le armi in mano misero terrore alle guardie, e posero loro silenzio, insino a tanto che condussero dentro i loro compagni: e quando parve loro averne condotti abbastanza, lo significarono a Saccone che s'aspettava. Il quale, subitamente col resto delle genti venuto alla porta, la ruppe, e quelli di dentro, sentito il romore, presero grande spavento. Erano due sètte nella terra, quasi come in tutti i luoghi di Toscana. Quella che era più conforme a Saccone, come intese che egli era presente e teneva la porta, spontaneamente si unì con lui. Ma l'altra sbigottita, avendo preso l'arme e corso in su la piazza, quando vide la disposizione della parte avversa, si venne a ritrarre, stimando che ella fussi tal forza, che non si potesse resistere. E nientedimeno Saccone non usò verso di loro alcuna crudeltà, nè fece alcun nocimento, ma senza danno de' terrazzani prese il castello.
     
      Restavano le fortezze, dove erano le guardie de' Perugini: le quali non potendo avere per forza, Saccone, che era quel modo che vi restava, ordinò di circondarle colle genti fuori e con fossi e steccati, acciò che quelli di dentro perdessero ogni speranza d'ajuto; e appresso, richiesti gli amici, accrebbe il numero delle genti a cavallo.
     
      I Perugini, udito la perdita di quel luogo, mandarono il loro esercito a Città di Castello, e domandarono ajuto a' Fiorentini, sperando, che se tutte queste genti si convenissero insieme, sarebbero sufficienti a oppressare i nimici e ricuperare la terra.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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