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      E subito dopo questo, i soldati che v'erano rimasi s'accordarono, salve le persone, e dettero la terra.
     
      Alla fine di quello anno, circa millesecento cavalli de' nimici, sotto colore d'avere finito la ferma, se n'andarono in quello d'Arezzo, e posti appresso al fiume della Chiassa, fingevano d'essere amici, riguardando gli uomini e il bestiame, comperando, non predando le cose necessarie. E dettero nome, che avendo finito il soldo co' nimici, andavano in altri luoghi. E con questa scusa dimorando alcuni dì in paese, come videro assicurati i contadini e pastori col bestiame, messero a sacco tutti i luoghi circostanti, e fatta grande preda e preso grande numero di prigioni, si ridussero in su uno colle sopra il fiume, e in quello luogo s'afforzarono, in grandissima calamità e danno de' vicini. In quel tempo gli Aretini non avevano molta gente d'arme, e di quelle de' Perugini e de' collegati loro Fiorentini non si fidavano, rispetto alla libertà, la quale pochi anni innanzi avevano racquistata. E per questa cagione deliberarono fare la difesa colle proprie forze. I nimici adunque, soprastando in quelli luoghi, fecero molti danni in quello d'Arezzo.
     
      E non molto di poi Saccone, aggiunto a queste genti le sue e fatto grande esercito nel Val d'Arno di sopra, e scorrendo il paese, venne in sino all'Ancisa. Di poi se ne tornò a Figline, guastando e abbruciando ogni cosa; prese per forza il Tartagliese, e tornossene a Montevarchi con grande preda e moltitudine di prigioni in quello d'Arezzo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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