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      Ma come vide la stabilità e l'unione ne' successori dello arcivescovo, e che movimenti per le città non si sentivano, cominciò a volgere il suo pensiero alla pace. Il perchè fece certa tregua fra' signori Visconti e' loro nimici, e lui come amico se n'andò a Milano, e fatte le solennità appartenenti a lui, se n'andò in Toscana. E come entrò nella città di Pisa, seguirono grandi rivoluzioni: perocchè i governatori della repubblica, che erano stati cagione di riceverlo dentro, da lui medesimo furono abbattuti.
     
      Trovandosi Carlo in Pisa, i Fiorentini, Senesi e Aretini, i quali erano in quel tempo confederati insieme, vi mandarono ambasciadori: e era loro proposito, come si conveniva a collegati, che tutti praticassero e parlassero le medesime cose, e fossero conformi nelle domande. E nientedimeno quest'ordine non fu osservato, perocchè i Senesi, nelle cose che ebbero a trattare, si rimossero più che gli altri nello arbitrio di Carlo. E non era da maravigliarsi, perchè non avevano li usciti i quali avessero da temere, come gli Aretini, e non erano alieni dal nome dello imperio, come i Fiorentini: donde ne seguì, che molto più volentieri andarono alla via di Carlo, e aspettavano la sua venuta a Siena.
     
      Circa quelli medesimi giorni i Volterrani e Samminiatesi, senza alcuna deliberazione del popolo fiorentino, dettero a Carlo le terre e ogni loro cosa. I Fiorentini e gli Aretini solamente stettero fermi nel loro proposito. Fecesi grande disputa dagli Aretini, perchè i loro usciti, nella prima venuta di Carlo erano ricorsi a lui, e domandavano d'essere restituiti nella patria.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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