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      Il suo consiglio era ragionevole e prudente: ma alcuni cittadini nel magistrato fiorentino tanto lo stimolavano, che ogni suo proposito riferivano a pigrizia e timidità. Ancora la infima moltitudine, seguitando la ferocità del magistrato, riprendeva la negligenza e timore del capitano. Le quali cose venendogli a notizia, ebbe a dire: "Andiamo dove ci mena la stoltezza degli uomini poco esperti, perchè intenderanno, che a me non è mancato nè l'animo nè il consiglio." Di poi il dì seguente dopo queste cose, lasciato una parte delle genti alle munizioni del campo, tutto il resto dello esercito messo in battaglia, andò a trovare i nimici, con fermo proposito di combattere.
     
      Messer Giovanni Aguto, vedendo le genti de' Fiorentini che lo venivano a trovare, tenne i suoi dentro agli alloggiamenti, disegnando che in quel mezzo i nemici si straccherebbero pel cammino e pel caldo. E pertanto mandò fuori solamente alcuni saccomanni e scorridori a tenere con loro scaramuccia. Lui in quel mezzo, rinfrescate le genti e ordinatele in squadra, quando gli parve tempo, le trasse fuori: ed essendo superiore di numero, e trovando colle genti fresche i nimici affannati, facilmente li vinse. Fu preso in quella zuffa il capitano de' Fiorentini con grande numero de' suoi; molti ancora ne furono morti: li altri rotti, senz'ordine e senza capitano, come gli accadde il bisogno, si fuggirono.
     
      I nimici, il dì seguente, andarono per combattere le munizioni del campo: e trovandole guardate con gran diligenza, deliberarono entrare in quel di Firenze, stimando questo esser più facil modo a levare l'assedio.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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