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      Moveva ancora molti la memoria del re Roberto, la successione del quale vedevano con miserabile ruina esser distrutta. Queste cose benchè fussino moleste alla città, nientedimeno, acciocchè il re Carlo, se fussi possibile, si mantenessi in amicizia, gli mandò otto ambasciadori, i quali si rallegrassino con lui in nome della repubblica: nel numero de' quali furono come principali messer Roberto Aldobrandini e messer Bettino Covoni cavalieri fiorentini. Costoro giunti alla maestà sua, furono benignamente e amichevolmente ricevuti, e appresso uditi con grande dimostrazione d'amore verso la città. Le quali cose significate a Firenze, mitigarono molto la suspizione che s'aveva della maestà sua: e per conservare quella amicizia, fu ordinato che vi rimanessi due de' detti ambasciadori, e gli altri, fatta la festa, se ne tornassero.
     
      Trovandosi il re Carlo in grande prosperità e felice successione delle cose sue, sopravenne agli Aretini miserabile calamità per le cagioni che appresso diremo. Quando Carlo, preso il dominio d'Arezzo, partì di Toscana, lasciò in quella città vicario e governatore il vescovo Giurinense di sua compagnia, di nazione franzese, uomo coperto, la cui malignità non era nota al re ma per essere religioso e vescovo, stimava che dovessi pacificamente governare la terra. Costui adunque, per abbassare la potenza di coloro che avevano data la città al re, finse d'essere vôlto alla quiete e pace de' cittadini, e rimise drento gli avversarj loro, i quali erano di parte ghibellina, e cacciati della città, lungo tempo erano stati fuori.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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