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      Ma a quelli che erano tornati nella città furono mandati alcuni favori: e uno ambasciadore v'era presente per metter pace fra loro, e non si potè ottenere. Era nata certa speranza al popolo fiorentino d'acquistare quella città, e già secretamente s'era tenuto pratica col governatore regale, sanza saputa degli Aretini, di prendere la fortezza, quasi come s'avessi per forza e non fussi data da lui. Questo trattato fra il timore e la speranza si venne a prolungare in forma che finalmente tornò vano: e la cagione fu, che il governatore non si confidò che si potessi conducere secretamente: perocchè le città popolari non sanno nè possono tenere occulto quello che si fa, perchè è necessario che passi per le mani di molti che lo sanno e truovansi in ogni loro deliberazione. Questo timore tenne addrieto il governatore regale. E nientedimeno le castella del contado d'Arezzo volendosi dare spontaneamente al popolo fiorentino, da Fojano in fuori, i Fiorentini recusarono ogni altro, per non offendere l'animo del re.
     
      In questo medesimo anno mandati gli ambasciadori a Genova, composono le differenze nate dalle cagioni che appresso diremo. I Viniziani, dopo una grandissima guerra facendo la pace, fra l'altre cose promisero lasciare l'isola del Tenedo, per la presura della quale era nata da principio la guerra: e a questa parte era stata posta la pena di centocinquanta migliaja di ducati. I Fiorentini, richiesti da' Viniziani, aveano promesso per loro. Il perchè, non seguendo l'effetto di tale obbligazione, subitamente tutte le robe de' cittadini fiorentini che erano a Genova o altrove nella potestà de' Genovesi furono ritenute.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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