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      Ma gli è ben vero, che non siamo ricchi a comparazione di voi, perocchè gli uomini nostri non sono di tale ingegno, che nel guadagnare usino molta industria, nè atti a fare mercatanzia o in Francia o in Inghilterra: piuttosto sono uomini di natura che stanno contenti delle cose loro, e quello che hanno a casa si godono volentieri. In simili modi di vivere non si fa la ricchezza, la quale per industria s'acquista e per diligenza s'accresce. Essendo adunque in questo tempo la guerra, la quale non si fa colle mani ma co' danari, e la grandezza delle contese ricercando grandissime spese, il popolo bolognese, non potendo tanta spesa sopportare, vi domanda scusa. Insino a ora ha fatto quello che ha potuto. Al presente, non vedendo potere supplire più oltre, acciocchè i collegati non si reputino ingannati dalla loro taciturnità, ve l'hanno voluto innanzi al tempo significare: perocchè pare loro, che sia ufficio di buoni collegati non fingere nè occultare alcuna cosa, nè con astuto consiglio ma più tosto con buona fede governarsi. E pertanto, avendo tritamente consultato ogni cosa, non veggiamo nelle spese che siamo al presente potere durare più di tre mesi. In questo mezzo ci parrebbe da fare ogni cosa da ottenere la vittoria, o veramente la pace onesta dal nimico. Perocchè la pace, se l'è buona, communemente pare loro da riceverla: ma passato quel tempo, se la guerra dura, non veggono modo, oltre a novecento cavalli ch'egli hanno a soldo e certo numero di fanti, potere mettere più nella compagnia commune.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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