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      Trovandosi adunque l'esercito in queste angustie, messer Giovanni Aguto prese uno partito necessario, benchè fosse pericoloso: e questo fu, che innanzi giorno cominciò a conducere l'esercito per l'acque, e tutto il dì e la seguente notte seguitò il cammino, insino a tanto che fermò il campo in luogo asciutto, e lasciò l'acque del fiume tra lo esercito suo e quel de' nimici. Da principio i nimici non intendevano i nostri avere abbandonato il campo, perchè messer Giovanni Aguto aveva lasciato le bandiere in luogo rilevato, acciocchè i nimici stimassino il campo non essere mosso: ma di poi, non vedendo nè uomini nè cavalli uscire fuori, mandarono scolte, le quali appressatesi al campo, riportarono li alloggiamenti essere abbandonati: e nientedimeno non parve a' nimici di seguitarli, perchè i nostri s'erano ritratti molto innanzi, e loro temevano l'acque e avevano sospetto degli aguati. Dopo questo, messer Giovanni Aguto, condotto alla riva dell'Adige, passò il fiume colle navi al castello di Montagnana, che era luogo amico e della giurisdizione de' Padovani, dove si posò come in porto sicuro e quasi d'una grande tempesta ricreò lo esercito. In quello cammino si fece perdita quasi di tutti i fanti e di molti cavalli che erano i più deboli: ma ognuno giudica, che nessuno altro capitano che messer Giovanni Aguto avrebbe potuto salvare l'esercito da tante difficoltà. Lui fu capitano peritissimo nell'arte militare sopra tutti gli altri de' suoi tempi: e era allora nella strema età, che suole fare più prudenti e cauti i capitani, perocchè i giovani il più delle volte sono menati dall'audacia e dal fervore.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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