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      Di poi, mancando le speranze de' Francesi e de' Tedeschi, gli animi de' Fiorentini erano vôlti alla pace. Il perchè, mettendosi di mezzo gli amici e confortando l'una parte e l'altra, furono mandati gl'imbasciadori a Genova da' Fiorentini, da' collegati e da Giovan Galeazzo. Furonvi ancora presenti i legati del pontefice romano a favorire e ajutare la pace: perocchè il movimento di questa guerra era stato grande per Italia, e pareva che la composizione di quella appartenessi alla quiete d'ognuno. Gli oratori fiorentini furono tre: Filippo Adimari, Lodovico Albergotti d'Arezzo, Guido di messer Tommaso.
     
      Nella pratica della pace nascevano molte difficoltà, massimamente pe' fatti di Padova: perocchè il signor Francesco da Carrara domandava con grande istanza la liberazione del padre che era nelle mani del nimico, e lui domandava la città di Padova. De' fatti de' Sanesi era similemente non piccola controversia, perocchè i Fiorentini chiedevano che i Tolomei e' Malavolti, nobilissimo famiglie che in quello tempo erano fuori di casa in esilio, fussino rivocate in Siena: e appresso, si contendeva delle castella di quello d'Arezzo prese in quella guerra, e specialmente di Lucignano. In fine, dopo molte e varie dispute, essendosi veduto con diligenza quello che si poteva onestamente o concedere o negare, e dove si riducevano i capi delle contese, ultimamente s'accordarono fare remissione delle loro differenze in arbitri communi: i quali furono messer Ricciardo Caraccioli napoletano, gran maestro di Rodi, legato del sommo pontefice, e Antonio Adorno doge di Genova in suo privato nome, e il popolo genovese per onore, perchè nella loro città si trattava la pace, e veniva a essere pel terzo arbitro: e per espresso si mise nel compromesso, che non valessi il lodo, se non fussi dato tutti d'accordo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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