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      Ma queste cose, come vedete, non appartengono al principe nostro: perocchè lui, quanto gli è suto possibile, ha usato umanità a messer Giovanni de' Ricci. Il perchè, se alcuno ha dubitato del suo buono animo, debba fermamente deporre quella suspicione, E lui da altra parte, se volessi dubitare, avrebbe molte più cagioni e più verisimili, per avere voi ricevuto in amicizia il signore di Mantova, posto si può dire nel mezzo del suo dominio, e per la rinnovazione della lega fatta e accresciuta con tanto studio: le quali cose non pare che riguardino la commune quiete."
     
      Gli oratori del signore di Milano parlarono in questa forma. I Fiorentini, replicando alle parole di questi oratori, innanzi a ogni altra cosa si maravigliavano, ch'egli avevano detto tre cose secondo la relazione dello imbasciadore fiorentino avere generato sospetto: perocchè sapevano certo di questa cosa non avere dato commissione a alcuno imbasciadore Finalmente si trovò uno maestro Grazia dell'ordine degli eremitani, famoso teologo in quello tempo, il quale per altre cagioni era stato mandato a Giovan Galeazzo, quasi ammonendo e confortando quello principe, avere fatto menzione per sè medesimo di quelle cose. Fu risposto adunque a quelli oratori: Il popolo fiorentino dopo la pace fatta non avere mai dubitato del suo buono animo: e a quello che avevano detto delle querimonie di tre cose, sapevano di certo che mai avevano dato a alcuno loro imbasciadore simile commissione; e se fussi stato referito al loro principe alcuna cosa del sospetto conceputo, averlo detto da sè medesimo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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