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      Di questo male è cagione, che il popolo e la moltitudine non vede le cose future, nè prima intende i pericoli che gli pruova: e gli uomini eccellenti, se alcuni ne sono in questa nostra repubblica, benchè antivegghino i pericoli, nientedimeno e' non possono nè ardiscono ovviare a quegli, perocchè è tanta la licenza del biasimare in questa città, che ipso facto che uno dimostra i pericoli e conforta che si rimedi, subito dicono che desidera guerra o non si può quietare, e fanno leggi e proibizioni in forma, che chi volessi provvedere alla salute della città, non gli resta via a poterlo fare! Di qui segue, che non facendo alcun provvedimento, i tempi ci fuggono. Ma quando i pericoli sono presenti e non si possono fuggire, allora pieni di paura consigliamo quello sia da fare: allora convochiamo il consiglio del dugento e quello del cento trentuno, che sono cose difficili a espedire. E certamente non mi sarebbe molesto, se noi avessimo a fare con un altro popolo, perchè saremmo di modi e condizioni eguali: ma abbiamo a fare con uno signore, il quale vegghia continuamente pel fatto suo, e non teme i calunniatori, nè è impedito dalle maligne leggi: e però non è da maravigliarsi, se lui previene nelle cose che s'hanno a fare: ma noi, poi che elle sono perdute, pensiamo a' rimedj. La lega e confederazione de' Pisani che da Giovanni Grassolini ci fu offerta, alcuni de' nostri cittadini con mal consiglio la rifiutarono, sprezzando la sentenza di coloro che dimostravano il pericolo, acciocchè quella città non venissi nelle mani del duca Giovan Galeazzo: e se allora si fussi rimediato, non saremmo in questi termini dove al presente ci troviamo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Pisani Giovanni Grassolini Giovan Galeazzo