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      Non veggiamo adunque, dissono gli oratori fiorentini, chi si possa lamentare di cosa alcuna: ma certamente il popolo fiorentino, se volessi, si potrebbe giustamente dolere di tanta somma di danari, che indotto da falsa speranza, ha speso insino a ora. I Veneziani, avendo udito le parti, parve che approvassino la causa della città: e nientedimeno confortavano la concordia, la quale per allora non ebbe effetto, e lo 'mperadore si partì: e poi che fu ito per acqua una giornata, e' si fermò a Ciavoli. Il perchè i Veneziani, fatta grandissima istanza, ottennono che gli oratori fiorentini facessino rimissione in loro: e di poi mandarono allo 'mperadore cittadini più riputati e eletti della città, che lo ridussono a Vinegia: dove ebbe il danajo e soprastette alquanti dì e rivocò le genti d'arme, e con migliore speranza che prima ritornò a Padova e stettevi il resto del verno. E in questo tempo, quando dava opinione di volere andare a Roma, e quando la toglieva. Finalmente, non venendo il papa nè i Veneziani agli ajuti manifesti e i Fiorentini domandando quelle cose che parevano difficili a fare, deliberò in altro tempo differire la 'mpresa. E così del mese d'aprile partito da Padova, facendo grandi giornate se n'andò di là dall'Alpi.
     
      In questo tempo gli oratori ducali andarono a Vinegia, e in nome del duca di Milano feciono querele contro a' Fiorentini. I Veneziani, udite le loro doglienze, ordinarono che gl'imbasciadori fiorentini, i quali si trovavano a Vinegia per altra cagione, fussino chiamati, e dettono facoltà, se volevano, di rispondere loro.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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