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      Ma acciocchè i lettori possino esaminare le ragioni delle parti, porremo qui da piè le querele degli avversarj e le risposte dei Fiorentini. Gli oratori adunque del duca di Milano, chiamati nella udienza de' Veneziani,. parlarono contro a' Fiorentini in questa forma: "Le querele contra di coloro che hanno violato la triegua e la pace si debbono fare appresso di voi, o Veneziani, che ne siete stati autori e confortatori: perocchè chi è operatore d'una concordia, pare che pigli in parte sopra di sè l'osservanza di quella: donde sèguita, che non volendo fare altro, almanco pigliate a intendere l'opinione che merita ognuno di noi che sia avuta di lui. Diciamo adunque quegli uomini essere degni di grande infamia, i quali non si curano d'osservare la fede, nè le promesse e convenzioni fatte: e benchè ogni mancamento di fede e di promesse sia vituperoso, nientedimeno quello è degno d'abominazione il quale contro a' capitoli della pace reca seco la guerra e la turbazione: perocchè, se la santità della fede e del giuramento si lieva via, che resta più fra gli uomini, che l'uno si debba fidare dell'altro? E pertanto, chi rompe la fede e le promesse della pace, pare che rompa la commune società degli uomini. E' vi sono noti, o Veneziani, i capitoli della triegua e della pace, e quanto solennemente e' furono giurati e promessi: ma come i Fiorentini gli abbiano osservati, voi medesimi l'avete veduto: perocchè stando la pace e non s'aspettando da loro alcuna cosa tale, per loro imbasciadori mandati nella Magna mossono Roberto, che si fa imperadore de' Romani, a passare in Italia contro al duca Giovan Galeazzo, col quale avevano fatto e solennemente giurato la pace: e a questo effetto s'erano convenuti di dare a quello principe gran somma di pecunia, con espressa condizione che fussino obbligati pagargli, quando lui fussi entrato in su' terreni del nimico alla sua distruzione, col quale poco innanzi avevano fatto la pace: e non dubitarono tenere palesemente per questa cagione gl'imbasciadori appresso di lui, in tale maniera che ognuno si debbe maravigliare essere stata in loro tanta fallacia e tanta fraude.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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