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      Non è piú convenevole alla beatitudine aver una zucca che ti paia bella e ti contente, che una Leda, una Elena, che ti dia noia e ti vegna in fastidio? Che dunque importa a costoro l’essere ignoranti e ignobilmente occupati, se tanto son piú felici, quanto piú solamente piaceno a se medesimi? Cossí è buona l’erba fresca a l’asino, l’orgio al cavallo, come a te il pane di puccia e la perdice; cossí si contenta il porco de le ghiande e il brodo, come un Giove de l’ambrosia e nettare. Volete forse toglier costoro da quella dolce pazzia, per la qual cura appresso ti derrebono rompere il capo? Lascio che, chi sa se è pazzia questa o quella? Disse un pirroniano: chi conosce se il nostro stato è morte, e quello di quei che chiamiamo defunti, è vita? Cossí chi sa se tutta la felicità e vera beatitudine consiste nelle debite copulazioni e apposizioni de’ membri dell’orazioni?
      Armesso. Cossí è disposto il mondo: noi facciamo il Democrito sopra gli pedanti e grammatisti, gli solleciti corteggiani fanno il Democrito sopra di noi, gli poco penserosi monachi e preti democriteggiano sopra tutti; e reciprocamente gli pedanti si beffano di noi, noi di corteggiani, tutti degli monachi; e in conclusione, mentre l’uno è pazzo all’altro, verremo ad esser tutti differenti in specie e concordanti in genere et numero et casu.
      Filoteo. Diverse per ciò son specie e maniere de le censure, varii sono gli gradi di quelle, ma le piú aspre, dure, orribili e spaventose son degli nostri archididascali. Però a questi doviamo piegar le ginocchia, chinar il capo, converter gli occhi ed alzar le mani, suspirar, lacrimar, esclamare e dimandar mercede.


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De la causa principio et uno
di Giordano Bruno
pagine 135

   





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