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      Lascio che, quando si dà la causa de la corrozione, non si dice che la forma fugge la materia o che lascia la materia, ma piú tosto che la materia rigetta quella forma per prender l’altra. Lascio a proposito che non abbiamo piú raggion di dire che la materia appete le forme, che per il contrario le ha in odio (parlo di quelle che si generano e corrompono, perché il fonte de le forme, che è in sé, non può appetere, atteso che non si appete lo che si possiede), perché per tal raggione, per cui se dice appetere lo che tal volta riceve o produce, medesimamente, quando lo rigetta e toglie via, se può dir che l’abomina; anzi piú potentemente abomina che appete, atteso che eternamente rigetta quella forma numerale che in breve tempo ritenne. Se dunque ricordarai questo, che quante ne prende tante ne rigetta, devi equalmente farmi lecito de dire che ella ha in fastidio, come io ti farò dire che ella ha in desio.
      Gervasio. Or ecco a terra non solamente gli castelli di Polihimnio, ma ancora di altri che di Polihimnio.
      Polihimnio. Parcius ista viris.....
      Dicsono Arelio. Abbiamo assai compreso per oggi; a rivederci domani!
      Teofilo. Dunque, adio.
     
     
      Fine del Quarto Dialogo.
     
      DIALOGO QUINTO
     
     
      TEOFILO.
     
      È dunque l’universo uno, infinito, inmobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l’atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo; il quale non deve posser essere compreso; e però infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza inmobile.


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De la causa principio et uno
di Giordano Bruno
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