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      Per il che non vi sonarà mal ne l’orecchio la sentenza di Eraclito, che disse tutte le cose essere uno, il quale per la mutabilità ha in sé tutte le cose; e perché tutte le forme sono in esso, conseguentemente tutte le diffinizioni gli convegnono; e per tanto le contradittorie enunciazioni son vere. E quello che fa la moltitudine ne le cose, non è lo ente, non è la cosa, ma quel che appare, che si rapresenta al senso ed è nella superficie della cosa.
      Teofilo. Cossí è. Oltre questo, voglio che apprendiate piú capi di questa importantissima scienza e di questo fondamento solidissimo de le veritadi e secreti di natura. Prima, dunque, voglio che notiate essere una e medesima scala per la quale la natura descende alla produzion de le cose, e l’intelletto ascende alla cognizion di quelle; e che l’uno e l’altra da l’unità procede all’unità, passando per la moltitudine di mezzi. Lascio che, con il suo modo di filosofare, gli Peripatetici e molti Platonici alla moltitudine de le cose, come al mezzo, fanno procedere il purissimo atto da un estremo e la purissima potenza da l’altro; come vogliono altri per certa metafora convenir le tenebre e la luce alla constituzione de innumerabili gradi di forme, effigie, figure e colori. Appresso i quali, che considerano dui principii e dui principi, soccorreno altri nemici e impazienti di poliarchia, e fanno concorrere quei doi in uno, che medesimamente è abisso e tenebra, chiarezza e luce, oscurità profonda e impenetrabile, luce superna e inaccessibile.


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De la causa principio et uno
di Giordano Bruno
pagine 135

   





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