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      Cossí abbiamo risoluto ancora il sesto argumento, il quale, per il contatto di mondi in punto, dimanda che cosa ritrovarsi possa in que' spacii triangulari, che non sia di natura di cielo né di elementi. Perché noi abbiamo un cielo, nel quale hanno gli lor spacii, regioni e distanze competenti gli mondi; e che si diffonde per tutto, penetra il tutto ed è continente, contiguo e continuo al tutto, e che non lascia vacuo alcuno; eccetto se quello medesimo, come in sito e luogo in cui tutto si muove, e spacio in cui tutto discorre, ti piacesse chiamar vacuo, come molti chiamorno; o pur primo suggetto, che s'intenda in esso vacuo, per non gli far aver in parte alcuna loco, se ti piacesse privativa- e logicamente porlo come cosa distinta per raggione, e non per natura e sussistenza, da lo ente e corpo. Di sorte che niente se intende essere che non sia in loco o finito o infinito, o corporea- o incorporeamente, o secondo tutto o secondo le parti; il qual loco infine non sia altro che spacio; il qual spacio non sia altro che vacuo, il quale, se vogliamo intendere come una cosa persistente, diciamo essere l'etereo campo che contiene gli mondi; se vogliamo concipere come cosa consistente, diciamo essere il spacio in cui è l'etereo campo e mondi, e che non si può intendere essere in altro. Ecco come non abbiamo necessità di fengere nuovi elementi e mondi al contrario di coloro che per levissima occasione cominciorno a nominare orbi deferenti, materie divine, parti piú rare e dense di natura celeste, quinte essenze ed altre fantasie e nomi privi d'ogni suggetto e veritade.


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De l'infinito universo e mondi
di Giordano Bruno
pagine 166