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      Indichiamo una giornata di lavoro con la linea A B.
      A--D--C--BLa lettera A ne indichi il principio e B la fine, quel termine naturale, cioè, oltre il quale non è possibile andare. Sia AC la parte della giornata in cui l'operaio produce il valore del salario ricevuto e CB la parte della giornata in cui l'operaio produce il plusvalore. Il nostro filatore di cotone, infatti, vedemmo che, ricevendo 3 lire di salario, con una metà della sua giornata riproduceva il valore del suo salario, e con l'altra metà produceva 3 lire di plusvalore. Il lavoro AC, con cui si produce il valore del salario, dicesi lavoro necessario, mentre il lavoro CB, che produce il plusvalore, chiamasi sopralavoro. Il capitalista è assetato di sopralavoro, perché è questo che genera il plusvalore. Il sopralavoro prolungato prolunga la giornata di lavoro, la quale finisce per incontrare il suo limite naturale B, che presenta un ostacolo insormontabile al sopralavoro ed al plusvalore. Che fare allora? Il capitalista trova presto il rimedio. Egli osserva che il sopralavoro ha due limiti, l'uno B, fine della giornata di lavoro, l'altro C, fine del lavoro necessario; se il limite B è irremovibile, non sarà così del limite C. Riuscendo a trasportare il punto C sino al punto D, si avrebbe il sopralavoro CB cresciuto della lunghezza DC, proprio in quanto diminuirebbe il lavoro necessario AC. Il plusvalore troverebbe così il modo di continuare a crescere, non nel modo assoluto come prima, cioè prolungando sempre la giornata di lavoro, ma in relazione del crescere del sopralavoro sul corrispondente diminuire del lavoro necessario.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112

   





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