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      Insomma il capitalista aumentando il lavoro, riesce a frodare onestamente l'operaio e può farlo anche procurandosi fama di generoso, con l'aumentare il suo salario giornaliero.
      Quando il capitalista paga l'operaio a ore, trova ancor modo di danneggiarlo, aumentando o diminuendo il lavoro, ma pagando sempre onestamente il medesimo prezzo per ogni ora di lavoro. Sia infatti 25 centesimi il salario di un'ora di lavoro; se il capitalista fa lavorare l'operaio per 8 ore, invece di 12, gli pagherà L.2, invece di L.3; gli farà perdere, cioè, una lira, con la quale l'operaio deve soddisfare la terza parte dei suoi bisogni giornalieri. Inversamente, se il capitalista fa lavorare l'operaio per 14 o 16 ore, invece di 12, pur pagandogli L. 3,50 o L. 4 invece di L. 3 egli viene a prendere dall'operaio 2 o 4 ore di lavoro ad un prezzo minore di quello che vale. Dopo 23 ore di lavoro le forze dell'operaio hanno già subìto un consumo; e le altre 2 o 4 ore di lavoro, fatte in più, costano più delle prime 12. Questa ragione, presentata dai lavoratori, la si vede infatti accettata in diverse industrie, dove si pagano ad un prezzo maggiore le ore fatte in più di quelle stabilite.
      Quanto minore è il prezzo della forza lavoro, rappresentata dal salario a tempo, tanto più il tempo del lavoro è lungo. E ciò è chiaro; se il salario è di L. 0,25 l'ora, invece di L. 0,30, il lavoratore ha bisogno di fare una giornata di 12 ore, invece di farne una di 10, per procacciarsi le L. 3 richieste dai suoi bisogni giornalieri.


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Compendio del Capitale
di Carlo Cafiero
pagine 112