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      Quando nel 1553 visitò la Valtellina, una deputazione supplicò il governatore di impedirlo, altrimenti non rispondevano degli scandali che potessero nascere; e il Vergerio si tenne per avvisato, e si ritirò. Ma nel 1563 il nunzio papale Visconti scriveva da Trento a san Carlo, essersi per lettere del monsignor di Como inteso che il Vergerio si trovava in Valtellina, predicando ogni male del Concilio. Poi, mentre aveva perduta l'alta sua posizione nel clero cattolico, non acquistò la confidenza dei protestanti, perché libero pensatore, e non aderendo a Lutero più che a Zuinglio, diveniva sospetto a tutti. Il far episcopale che conservava ingelosì i ministri retici, talché si ricoverò a Tubinga, dove morì al 1565 ed alcuni ne dispersero le ceneri.
      Così i Riformati già erano a lite fra loro. E anche in Valtellina i rifuggiti, come avviene quando il senno individuale sottentra al comune, mancava un punto d'accordo. Abbandonandosi all'orgoglio della libera interpretazione mettevano fuori sottigliezze ed errori ogni giorno nuovi e, intolleranti quanto coloro da cui si erano staccati, ognuno accusava l'altro perché facesse uso di quella libera ragione sulla quale egli stesso si appoggiava. In esecrare il papa e riprovar la chiesa cattolica e abbattere il clero erano unanimi, ché facile è accordarsi nell'odio e nella negazione. Ma quando si venisse ai dogmi, nasceva quella confusione che è inevitabile ove ognuno ha diritto d'essere interprete della parola di Dio. Repudiato poi il simbolo cattolico, che pure traeva autorità dall'ispirazione superna, qual ragione doveva legarli al simbolo luterano o al calvinista, opere d'uomini, variate nelle successive edizioni?


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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