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      Anche Galeazzo Trezzi, gentiluomo lodigiano convertito dal Mainardi e dal Curione, fu nel 1551 condannato dall'Inquisizione al fuoco. Il duca d'Alba, la cui memoria risveglia quella dei supplizii e delle stragi dei Paesi Bassi, venuto governatore del Milanese raddoppiò i rigori e nel 1558 furono bruciati un religioso e un altro, e così negli anni seguenti.
      Le declamazioni dei dissidenti e l'antipatia rimastale come a nemica del progresso indicano che a capo della opposizione stava Casa d'Austria, adoperando ingegno, forza, brighe, danaro; quel danaro austriaco che si trova denunziato in antiche e moderne diatribe. Si era ella vivissimamente industriata per introdurre la spaventosa inquisizione spagnuola invece della mansueta romana nel Milanese, che "ridotto in miseria per l'eccessive gravezze, si sarebbe disciolto affatto con quella che superava tutte". Ma due volte che si tentò sotto Filippo II ed il III stabilirla in Milano, si levò a ribellione il popolo per la formidabile severità di cotal tribunale onde fu consiglio di prudenza lasciarla nel primiero stato.
      Un gran tempo però e Cattolici e Riformati appellavano all'autorità d'un concilio generale, che discutesse ampiamente e liberamente sui dogmi della fede. Solo era in contesa il luogo, volendolo i Protestanti in una città libera, per condursi alla quale non avessero d'uopo di salvocondotti, ai quali aveva tolto fede il concilio di Costanza col porre alle fiamme Giovanni Hus(27).
      Ma Paolo III l'aveva decretato in Trento e avendo i dissidenti ricusato intervenirvi e impugnatane l'autorità, dopo infinite lungagne, fu aperto, poi chiuso, poi trasferito con replicata vicenda, sinché a Pio IV riuscì di mandarlo a fine.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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