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      Un tal padre Carlo, sotto gli 8 dicembre 1583, descriveva al suo superiore il supplizio di alcune fra queste. "In un vasto campo, costrutto un rogo, ciascuna delle malefiche fu, sopra una tavola, dal carnefice distesa e legata, poi messa boccone sulla catasta, ai lati della quale fu appiccato fuoco: e tanto ferveva l'incendio, che in poco d'ora apparvero le membra consunte, le ossa incenerite. Dopo che il manigoldo le ebbe avvinte alla tavola, ciascuna riconfessò i suoi peccati, ed io le assolsi. Lo Stoppano poi (quel desso che menzionammo pochi versi sopra) e due altri sacerdoti le confortavano in morte, e le affidavano del divino perdono... Io non basto a spiegare con qual intimo cordoglio, e quanto di pronto animo abbiano incontrato il castigo. Avanti condotte al supplizio, confessate e comunicate, protestavano ricevere tutto dalla mano di Quel lassù, in pena dei loro traviamenti; e con sicuri indizii di contrizione offrivano il corpo e l'anima al Signore del tutto. Brulicava la pianura di una turba infinita, stivata, intenerita a lacrime, gridante a gran voce: Gesù; e le stesse miserabili poste sul rogo, fra il crepitar delle fiamme, udivansi replicare quel santissimo nome e, pegno di salute, avevano al collo il santo rosario... Questo io volli che la tua riverenza sapesse, perché potesse ringraziare Iddio, e lodarlo per li preziosi manipoli da questa messe raccolti".
      Fin qui egli: sarebbero gettate le parole ch'io aggiungessi, per mostrar come i deliri del secolo prendessero anche anime illuminate e pie.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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