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      Ma, dolorosa verità! L'uomo ha più da temere le passioni dei suoi simili che i disastri della natura. Gran doglia andava continuando alla Valtellina il severo procedere dello Strafgericht, che per racconciare la libertà guastava la giustizia: provocava lo sdegno dei nobili col toglierli singolarmente di mira, mentre i popolani (se le fazioni non ne traviavano il senno) si accorgevano che, percossi i capi, rimarrebbero essi alla mercede dei predicanti. Nella Valtellina intanto i Grigioni ogni di più prendevano rigoglio addosso ai Cattolici, e questi dovevano mandar giù e mandar giù; e se dicevano parola di lamento, i padroni si voltavan loro con un viso, quasi i buoni ed i belli fossero essi. Se ti fai a leggere gli scritti di quei giorni, ti apparrà come i signori vivessero timorosi e tremendi, nei sudditi fosse un'ira, un cordoglio, un'affannosa speranza, il silenzio della paura in tutto il paese, l'idea della vendetta in tutti i cuori, e quel sordo rumore dello sdegno di Dio che si appressa.
      Sciagura al governo, che intende col terrore comprimere i soggetti mentre potrebbe colla giustizia amicarseli! Tristo a quello, il cui egoismo crede riparar al male coll'acquistare tempo! I perseguitati grigioni e valtellinesi, e quelli che riputavano meglio un onorato ribelle che uno schiavo cittadino, cercando fuor di patria sicurezza, libertà di lagnarsi, speranza di vendicarsi, si davano attorno per introdurre le armi straniere nella valle non solo, ma nei Grigioni. Anche il popolo dal terrore alla pietà, poi allo sdegno passò. E prima parlottar segreto, poi aperte querele, ché nei patimenti sembra consolazione il gridare e lamentarsi, e venire per il più leggero appicco a parole, e tutt'insieme a sassi e coltelli.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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