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      Molti rimasero martiri fra questi, molti martiri fra i Protestanti(81).
      Quando si volle a forza costringere quei di Pretigau ad usare alle chiese cappuccine, ruppero a schiamazzi. E questo esser troppo: "morremo senza patria, senza libertà, ma salviamo almeno le anime nostre". Fuggirono dunque nelle selve, le quali tosto si cangiarono in armerie: con falci e coltella e pesanti mazze trapuntate di chiodi corsero addosso agli Austriaci il giorno delle palme 1622, e quanti trovarono uccisero esultando fin le donne allo sterminio dei tiranni della patria loro(82).
      Le armi del Baldiron e del Feria ricomposero per allora la quiete. Ma covava lo scontento, e finché un popolo non ha perduto né il coraggio che ispira l'amore della libertà, né la confidenza in sé, nulla ha perduto: gli spunterà il giorno della rigenerazione. E spuntò ai Reti, i quali sfuggendo l'oppressa patria, empivano Europa dei loro lamenti, e singolarmente facevano capo al marchese di Coevres, il quale di ambasciatore mutato in capitano, raccolse truppe, intanto che nella Valcamonica s'erano lesti gli ajuti veneziani.
      Era orditura di Richelieu, il quale venuto allora ministro, avea persuaso a Luigi XIII volersi armi a sostenere e risolver i trattati. Onde all'ambasciatore di Francia che da Roma si lagnava degl'impacci attraversati a quest'affare, rispose: "Il re ha cangiato di consiglio, e il ministero di massima. Si spedirà un esercito in Valtellina che renderà il papa meno incerto, e più trattabili gli Spagnuoli".
      Queste mosse non restavano nascoste al Feria, e ne invocava una providenza.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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