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      Questo trattato salvava il decoro della Spagna, la quale pareva sì bene avere provveduto alla religione ed alla libertà di quei popoli. Ma nessuno dubiti che di pessimo occhio nol vedessero i Grigioni, i quali venivano così ad aver profuso invano il sangue e l'oro per ricuperare la valle. Onde, cavillando, ricusavano stare in verun modo agli accordi. Anche al Coevres ne sapeva male; ma buon grado o no che ne avesse, dovette lasciare che, a nome del papa, entrasse Torquato Conti, che fece demolire le fortezze e riscosse il giuramento. I soldati francesi nel ritirarsi vollero danari; e perché tardo a pagarli, bruciarono il casale di Piantedo. Il nuovo generale venuto pretese un regalo, perché un regalo si era dato al Coevres. Pure la Valtellina portava in pace, sperando finalmente composte le cose.
      Non era ancor tempo. Imperocché i Grigioni chiedevano si osservasse il trattato di Madrid, aizzati dai predicanti, da Venezia, dalla Francia. Mentre la Spagna andava stimolando il partito santo nella speranza che i Valtellinesi per istracchi si gettassero in braccio di essa. Intanto però che si contrastava, la Valtellina godeva libero stato e pubblica rappresentanza; inviava ai re, e ne riceveva messaggi ed ambascerie, e d'ora in ora faceva ordini rigorosi contro gli eretici, pubblicava i beni dei ricaduti e molti coperti riformati o dall'inquisizione o dagli zelanti erano fatti capitar male. Poschiavo, che non aveva preso parte al sacro macello, vedendo non potersi altrimenti sbrattare dagli evangelici, meditò scannarli; e Claudio Dabene, cameriere del Robustelli, fiero di lingua e di mano, entrò in quel borgo, e vi uccise quanti calvinisti poté sorprendere.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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