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      Le monografie sulla Lombardia del secolo XVII, la Storia di Como, la Rivoluzione di Valtellina, (riveduta ed ampliata nel Sacro Macello) erano la preparazione all'opera colossale della Storia Universale che con meravigliosa modestia l'autore imprese a correggere, a ampliare, a rifondere. E lo fece spinto da quella "perseverante ricerca della verità e deliberata franchezza nel dirla" che è il merito di tutta la sua vita; perché altri autori, invece di ritornare sull'opera propria, si sarebbero compiaciuti di riposare sulla gloria ottenuta per aver scritto la storia più popolare nel mondo civile, che ebbe dieci edizioni in Italia e fu tradotta in tante lingue. Di questa universalità della sua storia se ne deve cercar la ragione nella limpida parola, nella forza dell'argomentazione, nella logica inflessibile, nell'aver "scritto col cuore, dopo molto riflesso colla testa" sicché le sue storie hanno tutte le attraenze della lettura amena, ma lasciano vital nutrimento in chi leggendole si ferma a considerare con lui il bello e melanconico spettacolo dell'umanità, la cui destinazione "è di ingrandire soffrendo, e di camminare all'acquisto del vero, all'attuazione del buono, ad una più equa partizione dei godimenti della vita e dei vantaggi del sapere".
      Un'altra ragione della fama antica e ognor verde delle opere storiche di Cesare Cantù (come delle altre educative e di fantasia) è l'amore che sempre ebbe per le classi deboli e perché deboli infelici. Nelle sue pagine spira il soffio dei tempi nuovi, della rivendicaziome del diritto; uscito dal popolo, ricorda con compiacenza le dure prove subite e vinte colla tenace volontà che gli fece scrivere in nome di chi lavora: "Noi abbiamo per simbolo il progresso per guida di battaglia Avanti". All'elenco dei re, che una volta costituiva la storia, eglì aggiunse lo studio delle condizioni degli oppressi, egli ci fece partecipi dei dolori della massa disconosciuta, dimenticata composta dì ignoti, alla quale si devono lo svolgersi delle istituzioni e i progressi che gli scrittori d'un tempo solevano attribuire, quale appannaggio di gloria, ai principi.


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Il Sacro Macello di Valtellina
di Cesare Cantù
Sonzogno
1885 pagine 160

   





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