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      Una due volte l'anno accoglieansi i vescovi a concilio sotto il metropolita, di cui erano quasi i consiglieri. Le decisioni (canoni), invigorite dal consenso comune dei vescovi, sostenute dalla rappresentanza del popolo e dal diritto divino, acquistavano forza di leggi per tutta la provincia.
      La Chiesa di Roma, oltrechè eretta nella maggior città d'allora, era stata fondata prima d'ogni altra d'Occidente e dal maggiore degli apostoli, e consacrata col sangue di esso e di san Paolo. Consideravasi dunque come supremo gerarca il vescovo di essa, benchè gli altri patriarchi talvolta competessero; e se questa supremazia non ebbe sulle prime occasione di mostrarsi quale apparve secoli dopo, se rifulgea più per dignità che per esercizio di potere, esisteva in genere; il papa in radice aveva ragione di giurisdizione sopra gli altri vescovi, che nei casi più gravi non mancò di manifestarsi, e più dacchè gl'imperatori cristiani ingiunsero che ogni vescovo potesse dalle sentenze del metropolita appellarsi al papa della città eterna.
      Quando erano difficili le comunicazioni fra le varie chiese, frequenti concilj si teneano presso le singole; pure ricorreasi sempre a Roma, e sant'Ireneo diceva: ad hanc ecclesiam propter potiorem principalitatem necesse est omnem convenire ecclesiam31; e già san Girolamo era tutt'occupato nell'assistere papa Damaso a rispondere ai consulti che gli venivano dall'Oriente e dall'Occidente32; il concilio di Calcedonia chiese da san Leone la conferma de' suoi decreti; i vescovi d'Oriente scrissero a papa Simmaco, riconoscendo che le pecore di Cristo furono confidate al successore di Pietro «in tutto il mondo abitato»; papa Ormisda nel 518 stese un formulario, che i vescovi doveano trasmettere firmato ai metropoliti, e questi al pontefice, come simbolo dell'unanimità colla sede apostolica «in cui risiede la verace e intera solidità della religione cristiana».


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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