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      Quel movimento repubblicano, sebbene originato e favorito dal clero, riusciva però nulla meno che favorevole all'autorità temporale de' pontefici. In Francia Abelardo (1079-1142), noto ancor più pe' suoi malincontrati amori che per l'ardimento filosofico, accoppiando la dialettica colla teologia, avea voluto far precedere la scienza alla fede, anzichè considerar quella come uno sviluppo di questa, e la sottoponeva al giudizio individuale, quasi coll'esame e col dubbio si progredisse. Lo aveva udito un bresciano di nome Arnaldo, mutatosi dal mestier delle armi alla cocolla, e ne portò le idee in Italia. Bel parlatore, cominciò come tutti i novatori dal rimbrottare i costumi del clero; donde passò a battere la potenza ecclesiastica; repugnare al buon diritto e al vangelo che il clero possedesse beni, i vescovi regalie; ma dovrebbero restituire ai principi i possessi che ne aveano ricevuto, e ridursi all'apostolica, a viver di decime e di spontanee oblazioni. Non intendendo la libertà nuova, vagheggiava quella che apparivagli ne' libri classici, blandendo idee che sempre diedero per lo genio al popol nostro. Piaceva a questo pel dolce suono di repubblica: piaceva ai signori laici, che teneano feudi dagli ecclesiastici, e speravano emanciparsene; e formò una fazione detta de' Politici, che dal dir ingiurie al pontefice passava a negargli obbedienza.
      Roma era allora circondata da baroni e da Comuni, che aspiravano del pari all'indipendenza; dentro era straziata da due fazioni, guidate dai Frangipani e da Pier di Leone, che pretendeano usurpar i beni delle chiese, ed eleggere a voglia papi e antipapi.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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