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      Tale era dottrinalmente la quistione: ma nel fatto ciascuno di questi due fanali della via sociale aspirava a splender unico; e si osteggiavano colle armi e colle scomuniche. Ma due podestà, diverse eppure non opposte, con idee e linguaggio differenti, non possono intendersi, sicchè nè la violenza riesce nè la discussione.
      Federico II, ricco delle doti più belle e più ammirate, dotto, poeta, guerriero, legislatore, a guisa dei re moderni abborriva le libertà municipali, e la religione voleva ridurre a ramo dell'amministrazione. Pel primo scopo lungamente contese colle repubbliche dell'Italia superiore, e se non riuscì a spegnerle, impedì si estendessero anche al resto d'Italia, e costituissero l'intera penisola in un sistema, che potea divenir modello all'Europa e cambiarne i destini.
      Uomo d'ordine, vide negli eretici dei disobbedienti e ribelli, e condannò senza esame le sêtte dualiste, ridestando le più severe leggi imperiali. Fece il solenne trasporto delle reliquie di san Carlomagno: onorò quelle della buona santa Elisabetta d'Ungheria, sul cui capo posò una corona d'oro, attestandone pubblicamente i miracoli. Pure dai papi è tacciato di eresie; ma quali fossero non è precisato.
      Veneratore della civiltà pagana, usava e abusava dei titoli divini che l'adulazione del basso impero aveva attribuiti agli imperatori. A suo figlio Corrado diceva «stirpe divina del sangue de' Cesari», e diva mater nostra alla regina Costanza; i suoi cortigiani applicavano a lui frasi scritturali: Terra promessa, Betlem della marca d'Ancona la città di Jesi ove nacque: egli il giusto disceso dalle nubi, e su cui i cieli versano la rugiada; egli il Signore a cui avviarsi camminando sulle acque; egli antistite, cooperatore e vicario di Dio, immagine visibile dell'intelligenza celeste.


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Gli eretici d'Italia
Volume Primo
di Cesare Cantù
Utet
1865 pagine 608

   





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